Visto che parlavamo di teoria e di scienza, colgo la sincronica palla al balzo e vi ripropongo questo filmato e quest'articolo, appena letto sul sito amico "Automiribelli.org", utile sicuramente a chiarirvi le idee, e a riconoscere quando chi vi parla "è" o "presume di essere", un uomo di scienza. Godetevelo..
W.B.
Avendo di recente avuto privatamente un’acceso diverbio con un esponente di una certa categoria di scettici che ritengo “patologici”, il quale mi ha scritto mostrandosi “gentile” e “disponibile” al dialogo, mentre invece avevo già intuito dove volesse andare a parare sin dalle prime parole, ho deciso di ripubblicare un articolo del Prof. Mario Bruschi del Dipartimento di Fisica dell’Università La Sapienza di Roma; articolo un pò datato ma che descrive molto bene quale siano le ragioni per le quali non è più possibile assistere a certe scene isteriche proprie di quello scetticismo “bestiale” che possiede tutte le caratteristiche di una dicotomia mentale da sanatorio. “Ti dico subito che non credo agli argomenti che tratti… [...] ma credo che tu sia in buona fede”. Alché gli ho risposto immediatamente che il termine “CREDO” lo lascio ai preti; che uno scienziato non può permettersi in alcun modo di utilizzare quel termine in nessun senso conosciuto o sconosciuto; che la Scienza è il territorio delle realtà mutevoli e indefinibili; e che l’apertura è necessaria a comprendere il mondo in cui viviamo. Ovviamente, inutile dire che le mie argomentazioni sono state tutte sistematicamente ignorate dal “Dottore” in questione, con un bel: “ai fenomeni paranormali non credono più nemmeno i bambini”. Così, il termine CREDO è stato esposto DUE volte all’interno di un contesto dove CREDERE non è RICHIESTO. Piuttosto è richiesto CONFERMARE, VERIFICARE, SONDARE, INDAGARE e STUDIARE.
Il piccolo cartone che ho pubblicato è una mia personale iniziativa per comunicare ai giovani, soprattutto ai più giovani di non lasciarsi mai coinvolgere nel suicidio mentale di CHIUDERE le porte in faccia alla conoscenza, perché i cosiddetti PILASTRI della scienza sono deboli e fallaci come gli stessi pilastri che reggono un edificio: al primo terremoto di una certa imponenza si sbriciolano come i wafers. Pertanto chi lo condividerà nel proprio blog o sito, avrà tutta la mia gratitudine. Vi lascio ora all’articolo di Mario Bruschi. Buona lettura.
Teorie scientifiche e non
di Mario Bruschi
Dipartimento di Fisica dell’Università La Sapienza – Roma
La scienza come oggi la intendiamo è iniziata grosso modo 4 secoli fa con Galileo. Molto è stato realizzato e molto è stato discusso. Ma che cosa è una teoria scientifica e cosa la distingue da una teoria non scientifica? Bisogna innanzitutto precisare che stiamo per il momento parlando di meta-scienza o se preferite di meta-fisica o ancora di epistemologia, cioè per parlare sulla scienza (meta-scienza) occorre uscire dalla scienza… Non vogliamo dare definizioni strette ed in fondo incomprensibili, ma useremo invece il metodo scientifico delle ‘approssimazioni successive’ (sigla AS da qui in poi).
Perchè diciamo che l’astrofisica è scienza mentre invece l’astrologia non lo è? Perchè diciamo che la termodinamica è scienza mentre invece l’estetica non lo è?
Molte risposte sono possibili:
1. la scienza si basa sul metodo sperimentale
2. la scienza è riproducibile
3. la scienza ci dice quali sono le leggi che regolano la realtà (ciò che le cose connette e muove e perchè -Me(ta)Faust-)
4. la scienza è vera, il resto è opinabile
5. etc.
Partiamo dal punto 1 ( che sperabilmente è quello indicato in un buon corso liceale) Cosa vuol dire metodo sperimentale? Lasciamo la parola a Galileo:
1a) “L’arte di porre domande alla natura e di ascoltarne le risposte”
Con il corollario, sempre di Galileo:
1b) “Tenendo in conto che il libro della Natura è scritto in linguaggio matematico”
Punto 1a) La Natura stessa è fonte e giudice della conoscenza. Cioè si impara interrogando la Natura (facendo esperimenti) e ascoltando le risposte (ricavando ipotesi di lavoro, semi-teorie, ed infine teorie) dai risultati degli esperimenti. Ma bisogna anche sottolineare il converso: le teorie, a qualsiasi livello, ci dicono anche quali domande porre (quali esperimenti fare…). E se questo è ottimo per certi versi (una selezione di impossibilità risparmia tempo e lavoro, altrimenti qualcuno potrebbe ancora cercare pietre levitanti, specchi magici o il 50simo epiciclo che renda conto dei dati astronomici), tuttavia è una limitazione seria. Ci sono domande che è illecito porsi secondo il paradigma corrente (vedi Khun). Ci sono campi possibili di indagine che nessun scienziato “serio” vorrà esplorare. Eppure molte scoperte scientifiche (e tecnologiche) sono venute da outsiders che non conoscevano i limiti posti dalle teorie allora correnti…
Per inciso: Galileo usa la parola “arte” e non magari “tecnica” o “procedura” o… : merita una riflessione!
Punto 1b) Perché ? è ancora un mistero. Due posizioni estreme sono oggi considerate: per gli uni la matematica è una nostra invenzione, inventata in gran parte per descrivere il mondo e non fa quindi meraviglia che in effetti descriva abbastanza bene il mondo…; per gli altri (platonici, per intenderci) le verità matematiche esistono per sé, e vengono quindi non create ma solo scoperte dagli uomini (il teorema di Pitagora, gli spazi di Hilbert esistono in qualche mondo ideale, Pitagora e Hilbert li hanno “visti” ma non creati, eventuali alieni avrebbero anche loro la nostra stessa matematica). Ovviamente nel secondo caso è difficile spiegare la straordinaria rispondenza tra matematica e realtà, se non prendendo in considerazione un piano, un progetto, forse un fine per la realtà stessa ( e quindi implicitamente, è necessario un Demiurgo, un architetto, un creatore). Una disamina approfondita è nel bel libro : “La luna nel pozzo cosmico”.
Comunque il metodo sperimentale (finora grossolanamente definito … AS) è un requisito di una buona teoria scientifica, ma basta a qualificarla? Molti scienziati direbbero si. E qui devo inserire una definizione di scienza che può sembrare un pò umoristica ma che ha un grande fondo di “verità”:
“Scienza è quello che gli scienziati fanno”
Quindi dovrebbe bastare. Tuttavia ci sono non-scienze (a giudizio dei più) quali appunto l’astrologia, i cui cultori dicono basate sullo stesso metodo sperimentale. Non voglio entrare in dettagli, ma solo ricordare che molti fisici, tra cui Galileo e Keplero, facevano ( e fanno) anche gli astrologi… e Newton si occupò per anni di studi cabalistici.
Punto 2) La scienza è riproducibile. O in altri termini è operazionale (Bridgman) , è pragmatica. Cioè la scienza ti dice: fai questo, questo e quest’altro ed otterrai esattamente ciò. Lascia cadere una pietra da 10 metri ed arriverà al suolo con questa velocità; lascia cadere una piuma ed una pietra dalla stessa altezza e contemporaneamente nel vuoto ed arriveranno a terra nello stesso istante; guarda le piccole oscillazioni dei pendoli e troverai che sono isocrone; etc. Ci sono cioè insiemi di prescrizioni operative che, se ben ripetute, danno lo stesso risultato. E danno lo stesso risultato indipendentemente dall’operatore (che può essere italiano cinese, sioux; può essere cattolico, musulmano, buddista; può essere affamato, felice, incavolato…), ma anche (con alcune precauzioni) indipendentemente dal luogo (l’esperimento, mutatis mutandis, può essere fatto qui, o in Antartide, o sulla Luna o sul terzo pianeta in orbita intorno alla stella Albireo) e anche indipendentemente dal tempo (ora, 2 secoli fa, tra 3 millenni). Sempre il risultato previsto, e solo il risultato previsto, dovrebbe essere ottenuto. In effetti la riproducibilità è stata per secoli la discriminante pricipale tra “effetti” illusori/soggettivi ed effetti “reali”. Però…
* La riproducibilità “classica”, descritta sommariamente sopra, non è più quella della fisica moderna. La meccanica quantistica ci dice: fai questo, questo e quest’altro e otterrai… o questo, o questo o quest’altro. Cioè il risultato di un esperimento, ripetuto nelle stesse identiche condizioni, non è più predicibile (nè ovviamente riproducibile). Ci sono invece più risultati possibili ( a volte anche infiniti risultati possibili) e tutto quello che può dirci la teoria è la probabilità di tali risultati (indeterminismo “quantistico” contro il determinismo “classico”). Quindi la riproducibilità permane solo in senso “debole”, cioè se faccio un numero ( sufficientemente) alto di volte lo stesso esperimento l’esito sarà in accordo statistico con le probabilità a priori date dalla teoria.
* La riproducibilità, come aveva già messo in luce 40 anni fa B. Toushek, sta diventando anche sempre più problematica in pratica. E questo è potenzialmente disastroso per una corretta prassi scientifica. Spiego con esempi. Galileo fece (anche se alcuni dubitano che lo fece veramente…) una serie di esperimenti con il piano inclinato. Variando l’angolo di inclinazione e facendo scivolare oggetti sul piano inclinato (ben levigato) si dimostrava sperimentalmente la legge del moto uniformemente accelerato. Bene… siccome a fondamento ( eccone un altro!) del metodo sperimentale c’è proprio il sano scetticismo (non c’è “ipse dixit” che tenga in campo scientifico) allora io oggi mi sveglio e dico: Galileo si è inventato i suoi risultati. Posso sempre però mettere tutto alla prova: mi costruisco il piano inclinato e ripeto l’esperimento. Bene. Ma il giorno dopo mi sveglio con il dubbio che Rubbia si sia sbagliato, cioè che i bosoni Z,W trovati al CERN, in realtà non esistono… Cosa dovrei fare? Ovviamente ripetere l’esperimento! Ma per ripetere l’esperimento occorrono: un acceleratore di particelle che costa miliardi di Euro, un equipe di almeno 300 scienziati/ingegneri/tecnici, 3 anni per la raccolta dati e l’analisi degli stessi. In sostanza il singolo scienziato non può più ripetere alcuni esperimenti (è vero che la comunità scientifica nel suo complesso può ancora farlo, ma temo che anche questa opzione si stia indebolendo a causa dei costi sempre più elevati. In fondo arrivare secondi o terzi non piace e soprattutto non procura nuovi finanziamenti.
* Ci sono teorie scientifiche che difficilmente, per difficoltà intrinseche, soddisfano il requisito della riproducibilità. Sto pensando in particolare alla Cosmologia: ammesso, e non concesso, che alla fine spieghi come è nato e si è poi evoluto questo Universo, come farei io (scientificamente scettico) a riprodurlo?
Quindi la riproducibilità resta sì un requisito importante per una teoria scientifica ma forse non è così strettamente caratterizzante.
Con i punti 3 e 4 entriamo sempre più nel terreno minato della filosofia…
Punto 3) Solo alcune considerazioni di sfuggita (ci saranno altri interventi in seguito (AS ! ):
3a) la realtà… cos’è la realtà? la descrizione della materia e della “realtà” data dalla Meccanica Quantistica è veramente agli antipodi della comune percezione del mondo di una persona comune anche colta… Semmai si avvicina alla descrizione/interpretazione del mondo di alcune “teorie” religiose/mistiche/sapienziali/esoteriche ( e di ciò si sono accorti sia numerosii “guru” sia numerosi fisici – vedi ad es.: “Il tao della fisica”, “La danza dei maestri Wu Li”, “The Holy Science”).
3b) La scienza non risponde ai “perchè”, semmai ai “come”. Cioè il gioco dei “perchè”, tanto caro ai bambini, si arresterebbe quasi subito se giocato con uno scienziato. Esempio: perchè le mele cadono? Perchè c’è la forza di gravità. Perchè c’è la forza di gravità? e perchè è proporzionale alla massa? e perchè si indebolisce con il quadrato della distanza? e perchè…? Domande senza risposta: la legge di Newton (e in modo molto diverso la Relatività Generale di Einstein) descrivono solo (!) “come” funziona la gravità…non perchè.
Punto 4) In che senso la scienza è “vera”? la domanda ha assunto una importanza non solo filosofica da quando Godel dimostrò che anche all’interno di teorie matematiche ( e che quindi dovrebbero comunque non presentare sorprese: vedi punto 1b) ci sono “verità” che non possono essere dimostrate…
Ma la scienza ha problemi ancora più peculiari.
4a) Limitazione del campo di indagine ( numero e misura).
La scienza moderna nasce limitando fortemente e precisamente il suo campo di indagine. Come vedremo nel capitolo successivo, può essere indagato solo ciò che è misurabile, cioè, in ultima analisi, ricondotto ad un numero (o a più numeri). Per cui la Fisica, e tutte le altre discipline che fondamentalmente poggiano sulla fisica, non si occupa di tutto: si occupa di quanto è quantificabile. Una grandissima parte del “conoscibile” o “percepibile” resta fuori dal campo di interesse della scienza. Questo non è affato chiaro nella percezione comune. L’insegnamento e i media ci hanno portato mediamente a credere che la scienza possa dire la sua su tutto (guardate cosa chiedono agli “esperti”…). Non è così. La qualità (i qualia) restano fuori. Amore, bellezza, gioia, pianto.. restano fuori. Per questo la termodinamica è una teoria scientifica e l’estetica no. Se qualcuno sarà in grado di misurare (secondo i canoni scientifici) la bellezza, allora l’estetica potrebbe divenire una teoria scientifica. Ovviamente con ciò non è che bellezza ed amore siano meno “veri” degli elettroni o dell’energia… solo che non fanno parte del campo di indagine scientifico. Se chiedete a Rubbia qualcosa sul sorriso della “Gioconda” , potrà ovviamente rispondere, ma risponderà come Rubbia non come scienziato. La sua opinione sarà appunto un’opinione, come la vostra.
4b) Accettiamo pure che in qualche senso la scienza sia “vera”, cioè ammettiamo che dia una descrizione plausibile ed utile della “realtà” (almeno della realtà misurabile). Ma quanto è vera? La domanda si impose all’inizio del secolo scorso quando improvvisamente la fisica “classica”, pazientemente costruita in 3 secoli e che aveva fino ad allora dato risultati eclatanti, si dimostrò errata e ben in due modi diversi! dalle ceneri della meccanica di Newton sorsero due Fenici: la “meccanica relativistica” e , faticosamente, la “meccanica quantistica” (e sono tuttora inconciliabili…). Era imperativo allora porsi il problema: come si può stimare il grado di verità di una determinata teoria scientifica? La risposta più semplice e più probabile fu investigata dalla cosiddetta scuola di Vienna e si può riassumere così:
“Una teoria scientifica è tanto più vera quanto più è verificata”
Date due teorie, la prima supportata da 1000 esperimenti a suo favore e la seconda da 10.000, allora la seconda è 10 volte più affidabile (vera) della prima… Sembra elementare Watson… tuttavia non lo è. Anzi, è decisamente sbagliato anche dal solo punto di vista logico.
Facciamo un semplice esempio.
Sia dato un mazzo (coperto) di carte “francesi” (52 carte: cuori, quadri, fiori, picche).
Ora propongo questa semplicissima “teoria scientifica”:
“la prossima carta che scoprirò, non sarà l’asso di picche”.
Ok, mettiamo la teoria alla prova dell’esperimento!
Scopro la prima carta: 4 di quadri.
Perfetto, è una conferma della mia teoria.
Scopro la seconda carta : 10 di cuori.
Ancora una conferma sperimentale per la teoria…
… scopro la 32sima carta: 7 di fiori.
Ancora una conferma. A questo punto la teoria sembra “solida”: ben 32 conferme sperimentali!
Ma procediamo (e supponiamo che la fortuna ci assista…)
.. scopro la 51sima carta: re di cuori.
Ora abbiamo ben 51 conferme sperimentali, abbiamo raggiunto un massimo di conferme… ma ovviamente (a meno che il mazzo sia truccato!) siamo ad un passo dalla catastrofe. Infatti necessariamente la prossima carta che scoprirò sarà l’asso di picche e la mia teoria miseramente crollerà.
Ripeto, l’esempio senbra banale ma se ne possono fare di più sottili (e logicamente equivalenti!). Tutto l’inizio del ’900 è stato caratterizzato da paradossi logici che misero “alla frusta” sia la Matematica che appunto questa meta-teoria della conferma.
Non è quindi necessariamente vero che una teoria scientifica è tanto più vera quanto più è stata verificata (cioè confermata dall’esperimento).
La scuola di Vienna chiuse metaforicamente i battenti… dalle sue ceneri emerse una meta-teoria diametralmente opposta. La teoria è dovuta a Popper (scomparso da poco), e si può riassumere così:
“una teoria può dirsi scientifica se e solo se è falsificabile”
Cioè il solo requisito di una teoria scientifica è la possibilità che una qualche esperimento dimostri che è sbagliata…
Paradossale!
Lo esprimo in una mia formulazione che mette ancor maggiormente in luce, spero, il paradosso:
a) Una teoria vera può essere falsa
b) Una teoria che non può essere falsa è falsa
Ovviamente ho un pò giocato sull’ambiguità che le parole hanno nel linguaggio comune (e che NON hanno nel linguaggio scientifico…)
Parafrasi di a): una teoria vera, cioè una teoria che può dirsi scientifica, deve, secondo Popper, poter essere, in linea di principio, falsa. Cioè deve esistere un qualche esperimento che se favorevole conferma la teoria (e fin qui niente succede, vedi sopra), ma se sfavorevole DISTRUGGE la teoria ( cioè dimostra che la teoria è falsa).
Per le persone comuni, i non addetti, è difficile apprezzare subito la drasticità di questa posizione:
una teoria solida, ben collaudata nei secoli, che ha avuto miliardi di esperimenti a sua conferma… può crollare (e DEVE crollare) appena UN SOLO esperimento la contraddice!
Sembra stupido: ma come, ho avuto ragione miliardi di volte ed ora per una volta che ho torto sono condannato/a? che giustizia è mai questa?
Ebbene è quello che dovrebbe accadere ed è in effetti accaduto in ambito scientifico! (non sperate però che accada in politica…)
Ma parafrasiamo anche il lato b) di sopra.
Una teoria che non può essere falsa è sicuramente falsa, cioè è una falsa teoria scientifica.
Esistono teorie che non possono essere false ? Certamente si.
Facciamo un esempio:
“La sedia su cui state sedendo ogni volta che non è osservata (vista, fotografata, ripresa da un qualsiasi tipo di sensore…) diventa immediatamente un gatto. Appena osservata ridiventa immediatamente una sedia”
Vi invito a trovare un qualche tipo di esperimento che possa falsificare quanto sopra affermato. Lascio inoltre alla vostra fantasia trovare, anche nella vita comune, altri esempi.
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Conseguenze di quanto sopra:
1. uno scienziato non può occuparsi di tutto (ma solo di ciò che è misurabile);
2. uno scienziato non potrà mai dire: “questo è vero, questo è falso; questo è possibile, questo è impossibile”. O meglio… se lo dice sempre avrà presente, anche se spesso non viene esplicitata, la premessa: “alla luce delle conoscenze attuali”. Cioè uno scienziato sa (o dovrebbe sapere) che la scienza è la terra delle “verità” transitorie… la teoria oggi valida, potrebbe benissimo cadere domani.
Ma questa non è una debolezza, anzi! è la vera forza della scienza…
Altre letture possibili:
* Sarebbe consigliabile leggere gli scritti originali di Galileo. Un buon libro su Galileo:
* A. Frova, M. Marenzana: “Parola di Galileo”, Superbur Saggi, Biblioteca Universale Rizzoli, 1998
* M. Bruschi: “Me(ta)Faust”, Ed. Gli Ennagoni (Acquistabile in rete: qui)
* T.S. Khun: “La struttura delle rivoluzioni scientifiche”, Einaudi, 1970
* J.D. Barrow, La luna nel pozzo cosmico , Biblioteca scientifica V. 20, Adelphi Edizioni
S.P.A. , Milano, 1994.
* P.W. Bridgman: “The nature of Physical theory”, Princeton, 1936
* F. Capra: ” Il Tao della Fisica” , Biblioteca scientifica V. 4, Adelphi Edizioni S.P.A. , Milano,
1982.
* G. Zukav: “La danza dei maestri Wu Li”, Corbaccio, 1995
* Swami Sri Yukteswar: “The holy science”, Self-Realization fellowship, 1977
fonte: http://www.coscienza.org/scienza/teorie.htm
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